Il Bernareggi

Palazzo
Vescovile
e Aula Picta

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Una dimora per la Chiesa di Bergamo

Il cuore del nuovo Bernareggi batte tra le mura dell’antico Palazzo vescovile, tornato a nuova vita dopo un lungo restauro che ha riportato alla luce domus romane, mura medievali, affreschi rinascimentali: tracce e storie rimaste a lungo in silenzio.

Nelle sue sale sono esposte più di sessanta opere, firmate da nomi che hanno fatto la storia dell’arte: Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni, Evaristo Baschenis, Giacomo Manzù.

Un racconto per immagini che attraversa sette secoli di storia e di spiritualità.

Fulcro del percorso, l’Aula Picta: l’antica sala delle udienze del Vescovo, affrescata nel XIII secolo, dove scene della Vita di Cristo convivono con visioni escatologiche e bestiari medievali. In essa il Vescovo riceveva ospiti di riguardo, rogava importanti documenti e amministrava la giustizia. Iconografie sacre e profane dialogano sulle pareti della sala, dove gli episodi della Vita di Gesù convivono con curiose creature fantastiche, permettendo al visitatore di immergersi nel variegato immaginario medievale.

Orari e biglietti

Lunedì – mercoledì – giovedì
dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Venerdì – sabato – domenica
dalle 10.00 alle 18.00

Martedì chiuso

Biglietto unico
(consente l’accesso al Palazzo vescovile, all’Aula Picta, al Battistero e all’Antica Cattedrale)
€ 10,00

Verificare sul sito le riduzioni per alcune categorie di visitatori.

La biglietteria chiude alle ore 17:00

Guarda alcuni dei capolavori

Come arrivare

Piazza Duomo, Bergamo alta

Linea 1 da Stazione fermata Colle Aperto oppure linea 3 da Via Galileo Ferraris 1 (Ostello Monterosso) a Colle Aperto 

Da Stazione inferiore a Piazza Mercato delle Scarpe (Stazione superiore)

Sala I. Il sogno del Vescovo Adriano Bernareggi

Il Museo nasce dal desiderio di conservare e far conoscere il patrimonio artistico della Chiesa di Bergamo, secondo una visione che ha caratterizzato l’azione pastorale del vescovo Adriano Bernareggi.

Le opere esposte documentano l’evolversi della cultura artistica e religiosa, narrando le origini dell’arte figurativa in terra bergamasca, influenzate da diverse correnti artistiche. Protagonista è Maria, la Madre di Dio, simbolo universale di maternità e fonte di ispirazione per il genio di numerosi artisti.

Sala II. L'intero nel frammento

Tra il Quattrocento e il Cinquecento, le forme d’arte cambiano rapidamente: dalla miniatura, raffinata espressione del Gotico internazionale, si sviluppa la produzione di cicli di affreschi e di dipinti su tavola. Questi ultimi vengono spesso raccolti in grandi strutture lignee a più scomparti chiamate polittici, realizzate per decorare gli altari.

Gli scomparti e i frammenti esposti, provenienti da alcune chiese della Diocesi, narrano di una sensibilità in rapida trasformazione. In questo contesto, le botteghe bergamasche di Jacopino Scipioni, dei Marinoni, dei Santacroce, accanto a opere provenienti dall’area milanese e veneta, assumono un ruolo di primo piano.

La scultura del periodo presenta opere di grande rilievo, spesso collocate al centro dei polittici, segnate da una nuova sensibilità verso lo spazio e da una maggiore attenzione alle proporzioni.

Sala IX. Sala delle arcate

La parete di fondo di questa sala segna il confine tra l’antico Palazzo Vescovile e l’aula liturgica della Basilica di Santa Maria Maggiore che, riedificata nelle forme attuali nel XII secolo, faceva parte fin dalle origini del complesso cattedralizio. Al suo interno sorgeva il Battistero, costruito da Giovanni da Campione, poi trasferito in piazza del Duomo.

Le tre sculture, esposte grazie alla concessione della Congregazione della Misericordia Maggiore (MIA), che gestisce la cura e la tutela della Basilica dal 1453, provengono dalla guglia meridionale; furono realizzate da Giovanni da Campione (1320 – 1375 circa) che, con la sua bottega, ha avuto un ruolo fondamentale nella decorazione scultorea del Battistero e dei portali della Basilicanella sala si trova anche un grande sarcofago di epoca romana, noto come Sarcofago del Cavaliere Misterioso, ritrovato il 12 gennaio 1950 durante alcuni scavi sotto il pavimento della chiesa.

L’ampio scavo archeologico presente nella sala mette in evidenza i resti di alcune domus romane del I secolo e richiama le ampie aree archeologiche del vicino Museo dell’Antica Cattedrale, testimoniando la lunga storia di questo luogo.

Sala III. Sotto il vessillo del Leone di San Marco

Nel 1428, con la vittoria di Carmagnola a Maclodio, Bergamo entra nella Repubblica di Venezia. Pur città di confine, si apre alla cultura e all’arte veneziana: i commerci crescono e molti artisti, come Andrea Previtali, guardano a Venezia come modello.


Nel 1513 arriva Lorenzo Lotto, portando una pittura intensa e spirituale che rinnova profondamente l’arte bergamasca. Il dialogo tra la sobrietà di Previtali e la vitalità di Lotto riflette il gusto di una committenza ricca e devota, mentre la religiosità popolare evolve grazie alla diffusione della Scrittura resa possibile dalla stampa.

Sala VII. Una nuova alleanza

Si deve ai coniugi Guido Crippa e Carmen Oberti la generosa donazione di nove dipinti di Evaristo Baschenis, dedicati al tema che ha reso celebre nel mondo questo singolare artista, la natura morta. Frutto di un collezionismo colto e appassionato, che unisce amore per l’arte e desiderio di condivisione, la raccolta comprende, oltre ad una delle opere più note, con i celebri strumenti musicali, anche la rappresentazione di autentici spaccati di vita quotidiana di grande originalità. La raffinata tecnica pittorica restituisce il fascino discreto degli oggetti che un tempo arredavano le dimore secentesche, arricchendoli di allegorie e allusioni che rimandano alla caducità della vita e alla fugacità del tempo.

Sala IV. Giovan Battista Moroni: per amore del vero

Formatosi negli anni Trenta del Cinquecento nella bottega bresciana di Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, e attivo a Trento durante le sessioni del Concilio, Giovan Battista Moroni è senza dubbio il più importante pittore bergamasco. Celebre per il realismo e l’indagine psicologica dei suoi numerosissimi ritratti, fu anche un abile autore di immagini sacre che, per sintesi e chiarezza visiva, riflettono appieno l’intento educativo della Riforma cattolica.

La scelta di vivere, dopo i viaggi giovanili, tra Bergamo e Albino, sua città natale, permise a Moroni di entrare in contatto non solo con nobili e committenti locali, ma anche con sacerdoti, confraternite e congregazioni attive in gran parte del territorio provinciale, dove ancora oggi è possibile apprezzare molte sue opere, custodite nelle chiese. I numerosi Santi riconosciuti all’epoca, proposti come modelli di vita cristiana, compaiono spesso nei suoi dipinti, che indagano e raccontano la spiritualità semplice e autentica della gente bergamasca.

A raccogliere il testimone di questa visione furono artisti come Giovan Paolo Cavagna, originale interprete della tradizione moroniana, ed Enea Salmeggia, detto il Talpino, pittore colto e raffinato, di impronta più classica. Entrambi intuirono la portata dell’eredità di Moroni e contribuirono a diffondere, nel tempo, un realismo bergamasco fatto di misura, umanità e amore per la Verità.

Sala V. Gregorio Barbarigo: una fede che rinnova, un'arte che educa

Nel Seicento la Chiesa di Bergamo visse un periodo difficile, segnato dalla peste del 1630 e dalle sue conseguenze economiche e sociali. Tuttavia, sotto l’episcopato di Gregorio Barbarigo (1657-1664) iniziò una fase di rinnovamento: attuò con decisione la Riforma tridentina, riformò il Seminario per migliorare la formazione del clero e valorizzò la catechesi come strumento di crescita nella fede. 

Anche l’arte rispecchiò questo spirito di sobrietà e rinnovamento: la pittura di Carlo Ceresa, influenzata da Daniele Crespi, si caratterizzò per uno stile semplice e realistico, lontano dagli eccessi barocchi, espressione di una religiosità autentica e composta. 

Sala VI. Con il linguaggio della quotidianità

Nel corso del Settecento, due importanti famiglie di artisti, i Caniana e i Fantoni, furono protagoniste di una straordinaria vivacità progettuale e creativa, che portò alla costruzione di nuove chiese e alla realizzazione di numerosi altari arricchiti da dipinti e sculture. Allo stesso tempo, durante la lunga stagione della pittura tardobarocca, alcune personalità bergamasche riuscirono a distinguersi ben oltre i confini del territorio orobico. Tra queste figure si distingue Evaristo Baschenis, considerato il più importante autore di nature morte in Italia nel XVII secolo, in cui gli strumenti musicali sono i protagonisti. Sacerdote e musicista, Baschenis è l’iniziatore della cosiddetta “maniera bergamasca”.

Un altro religioso bergamasco emerge nel panorama artistico del tempo: Vittore Ghislandi, detto Fra Galgario, specializzato in ritratti intensi, da cui traspaiono la personalità e le emozioni dei soggetti effigiati, come si può vedere nei numerosi dipinti dedicati ai sacerdoti.

Sala VIII. Aula Picta

Meglio nota come Aula Picta della Curia di Bergamo, è riservata a mostre temporanee